Paranoia del lunedì: trovare una paranoia


Per ogni lunedì che si rispetti cè una paranoia. Da sempre scivola tra le pieghe del cervello come si trattasse del caffè a colazione. Ci si abitua anche e forse – ma forse – genera dipendenza più della caffeina. Si perchè, ogni lunedì è più semplice trovare un buon motivo per rendersi oltremodo difficile la settimana. Qualche esempio? L’amica razionale che ti rende partecipe di un suo dubbio, l’amica inguaribile che continua a vaneggiare su un amore finito, l’amico che ti ricorda come era più semplice vivere certe emozioni qualche tempo fa, tua madre che continua a chiederti se va tutto bene davvero. Tutti in cerchio e tu al centro ad assorbire. E allora pensi che che in effetti qualcosa potrebbe andare meglio, che forse dipende dal tuo atteggiamento, che magari un corso di yoga potrebbe aiutarti quanto un tweet sull’account di uno psicologo. E ti trovi a leggere su siti tipo maldamore o mentesana, a fare domande inutili su yahoo answers (dovrebbero bloccarlo in azienda, altro che Facebook) e  cogliere ovunque segnali su disfatte imminenti o errori gravissimi in corso d’opera.  I passanti si trasformano in guru preziosi e la tua estetista in Freud.

Santa miseria! Tutto questo mi ricorda quando in terza media l’insegnante voleva che scrivessimo dei problemi adolescenziali su un tema… e nessuno capiva di cosa si trattasse. L’insegnante voleva partecipare ai drammi del futuro e ora sento quasi l’esigenza di farle una telefonata per il remake nell’immaturità dei 30. Ma lei ne sarebbe onorata, me lo sento.

Di positivo ci tengo ad evidenziare  due cose:

1. Nel tempo – perchè ci sono volute diverse settimane e diversi lunedì – quello sforzo sovra umano permette di riflettere talmente tanto sui massimi sistemi che nel tempo di 8 ore si riesce a: creare un dramma, valutare ogni possibile  causa o conseguenza, prendere decisioni e confutarle per tornare allo stato precedente. Si riesce perfino a smaltire e a tornare sereni – ma proprio col sorriso – come dopo un acquazzone.

2. Oggi non ho paranoie se non il fatto di non averne. Ma forse oggi non conta. Ho la febbre.

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L’incaglio


Quell’aria nei capelli la conosco: quando mi capita di sentirla riesco sempre ad accoglierla bene.
Senza uno specchio per controllare, non ho dubbi sul fatto che i capelli disegnino perfette onde in movimento.
E allora chiudo gli occhi, allargo le braccia e con quel ghigno sul volto inizio il viaggio: sento quel profumo familiare misto ad un brivido che solletica il cuore e quella voglia di vivere che penso sia solo mia e di nessun altro.
E invece è pieno di gente intorno, pieno di rami verdi al vento con le stesse sensazioni. Solo che non emettono nessun suono e ti pare di esser l’unico al mondo.
E continui ad andare: senti distintamente che ti muovi. Non corri ma vai veloce nell’immobilità perché è il tuo spirito a far tutto. E’ la corrente a trascinarti e non ti bagni. Non ti sembra.
Le immagini scorrono come titoli di coda animati che segnano l’inizio e non una fine. Vedi i colori che descrivono sensazioni provate, belle e brutte ma intense come un caffè caldo alla cannella che mandi giù in un sorso proprio per pelarti la lingua.
Hai ali di farfalla e non ti interessano i fiori, non perché ti sembra di non averne bisogno ma perché non sai neppure che esistono.
Tutto il viaggio è lì davanti e scorre con te dentro.
Mai aprire gli occhi in questi casi!
E’ come la fine di un giramento di testa, come quando qualcuno ti fa ballare e poi ti stoppa. Capisci che è passato l’istante più bello, quello in cui i piedi non toccavano a terra, e devi provare a capire quel passaggio anche se proprio non ti va. Devi risponderti senza prenderti in giro.
E’ un ramo secco fermo nella corrente, l’incaglio. Perchè non l’hai visto prima? Non preoccuparti per questo: non lo conosce nessuno a prima vista ma se provi a descriverlo, se lo racconti a qualcuno nei dettagli, scopri che ha mille nomi ed è più vecchio di un dinosauro.
E siamo tutti fermi, aggrappati o incastrati ma fermi davvero. Non solo questa volta.
Di buono c’è che la corrente continua a fluire e se vuoi ti aspetta.

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Dissociazioni


C’era una ragazza con dei pendenti azzurri che leggeva sulle scale mobili. Aveva lo sguardo basso sul libro stretto a sé. Sembrava presa dalla sua lettura, ma ogni tanto non dimenticava di controllare a che punto della salita si trovasse e se c’era qualcuno di strano tutto intorno a lei. Aveva una codina bionda e dei piccoli ciuffi che le ricadevano sugli occhi azzurri, ben evidenziati dalla matita nera. Sentivo un profumo intenso, come di qualcuno che sa quello che vuole. Un profumo dolce, chiaro e persistente, molto legato ad un familiarissimo odore di shampoo. Si trattava di un’altra ragazza però. Una con un soprabito blu, i capelli castani, lunghi, folti e ben piegati.

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Pace


Era nero al rientro. Le parole, i rintocchi e il cuore sussurravano piccole ma frettolose emozioni. Eravamo scese per rincasare ma niente faceva sospettare che il vero nero l’avremmo conosciuto di lì a poco. Non era che marrone, forse giallo o addirittura blu. Capimmo troppo tardi quanto fosse nero il vero nero. Tutto intorno si fece gelido e nessuno osò rincasare. Un pò di ambrato faceva al caso nostro ma niente di più.

Ora non resta che del nero nel rosso del nero.

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Coriandoli e pesci rossi


La bolla è di nuovo stracolma e il pesce non l’ho ancora comprato.
Quant’è utile un pesce rosso! Tutti sanno che la condizione umana è terribile e che quella di un pesce rosso è quasi invidiabile: lui vive nell’acqua misera di un sacchetto che non ha neppure consistenza, cresce in una bolla di vetro – se è fortunato – e mangia fino a morire. Si è rosso e respira in modo piuttosto vistoso ma non emette sentimenti, no di quelli che fuoriescono dalle bollicine.
Mi sembra piuttosto chiaro che avere un pesce rosso potrebbe essere la valida risposta alla confusa condizione umana… a questo punto. Non avremmo di che lamentarci, di che soffrire, di che preoccuparci. Noi sappiamo esattamente che la nostra bolla è piena di muschi e neppure riusciamo a vedere bene quello che c’è fuori; noi viviamo di emozioni giornaliere e di scaramantici obiettivi; possiamo decidere di non mangiare per giorni e poi ingozzarci senza sosta. A noi è concesso l’arbitrio e il relativo caos e non sono inutili bollicine i nostri sospiri. Ecco quanto è utile un pesce rosso inutile, ecco quanto abbiamo e quanto vorremmo ancora e quanto un pesce rosso non avrà mai. Povero, povero piccolo!

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Le cause


Girovagando tra bit e sanpietrini ho scovato un orologio da taschino. Non ha lancette, nè ore… non conosce tempo. Indosserò piume di struzzo correndo tra lampi di vento solo per raccontarlo a tutti. Ho scoperto chi sono e cosa voglio e non c’è più una ragione per restare ferma. Ora passerò dal mio amico per riposare un pò senza che nessun’altro se ne accorga e poi riprenderò a volare… con o senza ali.
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